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Раньше все было так просто (и скучно): отвел старшую на школьный автобус, прибрал на столе после завтрака, одел-переодел младшего, пропылесосил, или — на выбор — погладил — вот уже и обедать пора! Потом уложишь младшего, накормишь старшую, опять на столе приберешь-смахнешь, то да се — глядишь, и об ужине можно подумать. А теперь: проводишь старшую на автобус, и быстрее младшего - под мышку, фотоаппарат - в сумку, что там еще? Справочник «Виллы Тосканы», воду, печенье, машинку «факина» и вперед! Результаты на https://www.instagram.com/tuscanydaybyday/?hl=it
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четверг, 6 ноября 2014 г.

Finalmente anche in italiano! :)

La medicina contro la nostalgia.
Nostalgia – desiderio malinconico e violento di tornare in patria, ossia di rivedere i luoghi dove passavamo l'infanzia e dove albergano oggetti cari, il quale è cagione di profonda tristezza e di tale sconcerto nell'economia animale, da produrre persino la morte.
Dieci o Dodici fa (in altre parole: al mio primo anno in Toscana) stavo andando con la mia amica italiana a casa sua per imparare a fare la pizza. Camminavamo lungo la strada principale del borgo (in tutto ne ha tre, di strade). La mia amica salutava i passanti a destra e a sinistra, ogni tanto si fermava per scambiarsi due parole. “Che bello! - ho detto con l'ammirazione e forse con un punto di invidia – ma conosci proprio tutti?!” “Probabilmente, si” - ha detto, imbarazzata, forse per non farmi pensare che se ne vantava e ha aggiunto, come per scusarsi: “Va be, non c'è niente di sorprendente, sono nata qui”. Siamo arrivate alla scala – il borgo è situato su una collina e il parcheggio si trova giù. Intorno a noi fino all'orizzonte si estendevano le colline bellissime, da mozzafiato, ma estranee, come se fossero la scenografia di uno spettacolo teatrale. I miei pensieri e il mio cuore sono rimasti lontano, nel parco accanto a casa mia, a Mosca, dove conoscevo (sin da bambina!) ogni panchina, ogni albero – siamo cresciuti insieme, ogni fessura nell'asfalto – ci giocavo con il babbo a non pestarle, e il babbo mi spingeva apposta per farmi finire lì, sulla fessura. Guardavo le colline, gli alberi intorno, ma non con l'ammirazione – cercavo un segno, un qualcosa di famigliare, ma non c'era niente, proprio niente. Nemmeno le fessure, perché le vie non erano asfaltate, ma piastrellate..... Uno scultore inglese, scendendo dietro di noi, ha chiesto Paola come sta la nonna e poi, rivolgendosi a a me: “Quando salerai questa scala tre mila volte - ti passerà” Cosa passerà? Perché lo ha detto? Non mi conosce nemmeno...
Il tempo sciupa le cose, le rovina, ingiallisce i fogli, le stoffe bianche. La nostra memoria, invece, le conserva così com'erano in passato, anzi, le restaura, le pulisce da ogni impurità... soprattutto se la nostra vita quotidiana scorre lontano dai luoghi d'infanzia e non c'è la possibilità di rivederle, ritoccarle, di verificare, insomma, se sono davvero così bianche, così belle, come ce le restituisce la memoria ed ecco cosa succede: “l'erba nel mio paese d'origine era più verde, il cielo - più alto, le persone – più cordiali, il cibo - più buono”... l'unico rimedio alla nostalgia non è il tempo, perché la nostalgia si nutre del tempo, mescolandolo sapientemente con i ricordi per ottenere un buon vino che con il tempo diventa più forte e più aspro. L'unico rimedio è la volontà di mettere le radici.


Non so come si adatta un organo trapiantato – il cuore, il rene – all’organismo del ricevente né dal punto di vista medico o biochimico né dal punto di vista delle sensazioni. Non so come si abituano le piante trapiantate al posto nuovo – allargano le radici, si adattano al terreno nuovo, alla luce. Ne so qualcosa invece su come si adatta al posto nuovo un essere umano – lo so per esperienza. I nomi e i cognomi non suonano più strano e non fanno più nemmeno sorridere certe parole che per assonanza somigliano a qualche parola della tua lingua madre, si accumulano le abitudini nuove, si moltiplicano i nuovi ricordi. Non sembra strano mangiare a colazione un po' di biscotti con il latte anziché un sostanzioso piatto di pasta con magari un paio di wurstel, e il melone con prosciutto anziché un bel borsch di bietole con la panna acida a pranzo... Cominci ad avere i ricordi legati a questo posto e non ti senti più un estraneo, anzi, puoi dire anche tu: “faceva così caldo anche tre anni fa..., mi ricordo, che anche nel 2006 c'era tanta neve così”, la pronuncia acquista quell'inconfondibile “k” sorda toscana (anche se non riesce a soppiantare del tutto quella più forte - russa). Sembra che non c’è più il pericolo del rigetto, che l’organo trapiantato si è adattato bene… Ma un giorno sfugge dal libro una vecchia foto….
Una vecchia foto sfuggì dal libro, sembrava in bianco-nero, così pochi ce ne erano i colori: il bianco della neve, il nero degli alberi, il grigio del cielo e del ghiaccio. Riconosco ogni albero, riesco a intravedere sulla riva opposta dello stagno un sentiero e una vecchia panchina verde rotta, sono sommersi dalla neve e nella foto non si vedono, ma io li vedo con gli occhi della memoria. Conosco questi salici da quando ero bambina – due sfere verdi, alte come me, sognavo che crescessero più in fretta per farci sotto una casetta e giocare. Ora sono cresciuti, ma anche io… E sotto quella quercia, chissà se c’è ancora, nascosta fra le sue radici, una piccola scatola di latta con un “segreto” dentro; ... E forse non basta mettere semplicemente le radici, se ci vuole così poco – una vecchia foto sfuggita dal libro - per risvegliare la nostalgia...


Ancora peggio sono i profumi...spesso sono proprio i profumi che ti riportano indietro, in un istante ben preciso del passato. Il profumo di rosa canina (giugno, ci siamo appena trasferiti in campagna, fra poco c'è il mio compleanno); di gelsomino (che poi, botanicamente parlando sarebbe Philadelphus). Un grande cespuglio vicino a casa, troppo vicino, che tocca i fili elettrici e il nonno ogni anno lo taglia, per poi, un'estate, disfarsene; il profumo del infuso delle foglie di ribes nero, appena fatto (maggio, i primi fine settimana in campagna, con tutta l'estate ancora davanti, il tè sulla veranda, il samovar); dei pomodori (non del frutto, ma della pianta, basta strofinare lo stelo, schiacciando i piccoli villi – marzo, l'estate è ancora lontana, c'è ancora la neve dappertutto, anche sul balcone, ma la nonna fa crescere le piantine di pomodoro sul davanzale in camera, e quando di tanto in tanto tocco lo stelo, mi sembra di pregustare l'estate), profumo delle frittelle di zucchine (agosto, una giornata di pioggia), dei funghi secchi, appesi sopra il piano cottura (agosto, il presentimento dell'autunno comincia a tremare dentro, colora d'inquietudine le giornate già tristi per via della pioggia grigia e noiosa), profumo delle fragoline di bosco (una splendida mattina di giugno, il semolino al latte a colazione, le fragoline raccolte nel piccolo pentolino); il profumo delle mele antonovka in autunno inoltrato, quando giacciano sul divano nella casetta di campagna, protetti dalle prime gelate con i vecchi giornali e le coperte; profumo dei piccoli garofani nelle notti quasi bianchi di giugno e del tabacco profumato sotto il cielo stellato di agosto. Tutte queste associazioni, legami, segni, ricordi così diversi da quelli italiani e così comuni nella loro nostalgica irrevocabilità...
Ha detto: questo è il profumo dell’autunno. Sentivo soltanto l'odore acidulo dell’uva mezza marcia. E questo odore non aveva nel mio archivio personale di odori nessun posto esatto, nessuna etichetta, non aveva il suo sosia nel mondo immateriale. Era solo un odore (quasi puzza) dell’uva marcia. Non era un odore-sensazione che risveglia i ricordi e dall’eternità caotica di pezzi, episodi e frammenti della vita tira fuori quell’unica associazione che si apre poi nella tua mente come un colorato, tridimensionale e Vivo quadro. Ma questo era un odore nuovo, odore da provetta con una etichetta appena attaccata “L’odore di uva marcia, 12/11/04, collegamento emotivo – l’autunno italiano”, ma era un collegamento artificiale, privo di ricordi e di emozioni. Sapevo che esisteva, che sarebbe dovuto esistere, ma non sentivo niente. Il meccanismo profumo-quadro vivo, un salto nel passato, non funzionava. Era come se un non credente fosse entrato in chiesa: sa che dovrebbe provare devozione ma dentro di sé non sente niente. Era un odore morto. Invano cercavo di adattarlo alla mia scala abituale: l’odore di compost – e il suo sosia immateriale – la sensazione di una giornata calda primaverile in campagna? No, l’odore di compost era più pesante… L’odore al mercato d’ingrosso della verdura? e subito si risveglia un’immagine: un freddo e piovoso sabato, un giorno grigio e noioso, uno delle tante giornate spente, uguali, uggiose. Era l’ odore del freddo, del la cantina, dello stucco fradicio, un odore più di città…Continuavo a cercare i riferimenti…Il vino andato a male? Si, come odore potrebbe starci ma il collegamento emozionale mancava di nuovo, il vino andato a male non suscitava in me nessuna associazione, non mi diceva niente.
Ho detto: questo è il profumo dell’autunno. E lui sentiva soltanto l’odore delle foglie fradice e marce. E per me dietro questo odore c'era un mondo: il parco in autunno, le ultime giornate ancora belle e serene prima del tempo bigio dell’autunno inoltrato, la felicità un po’ melancolica, come la mela con un fianco fracidicio…
Una volta d’inverno al mare ho detto: sento l’odore fresco del bosco della campagna moscovita in primavera. Era cosi forte! L’aria era piena di freschezza, di un presentimento di rinnovamento. Ha detto: sei davvero pazza. È l’odore del mare....

Tanti anni fa (in un'altra vita e in un altro paese, ora scomparso) il dottore che un paio di mesi fa mi ha fatto l'appendicectomia, m'ha chiesto: “Sai qual'è la medicina più efficace contro l'amore?” (ha detto proprio così, fregandosi della grammatica). Gli camminavo accanto senza guardarlo per non morire dalla vergogna, (ricoperta da un sottile strato di estasi dalla propria pazzia coraggiosa), con lo sguardo mi aggrappavo al lato soleggiato (dispari) del Viale della Pace. Invece di rispondergli ho fatto il segno con la testa - avevo paura di scoppiare a piangere. Ha detto: “Nuovo amore”. Non gli ho creduto, chiaramente. Lo so soltanto ora. Ed è una medicina migliore non solo contro l'amore non corrisposto ma anche contro la nostalgia! L'amore cosciente verso il nuovo posto di soggiorno permanente piano piano ma definitivamente e inevitabile prende il posto della nostalgia. Se uno vuole liberarsene, si capisce....
Tutto è cominciato quando mi sono compiaciuta osservando nello specchietto retrovisore l'autista della macchina dietro: si avvicinava troppo alla mia macchina e poi ad un tratto perdeva la velocità e si allontanava, poi ha preso dal sedile accanto un giocatolo e ha cercato di passarlo dietro – avevo subito intuito un bambino che stava piangendo. E mi sono compiaciuta perché anche io faccio così, ma ancora di più perché era un uomo. Poi era un castello del 13 secolo, era sempre stato li, tutti questi secoli e persino gli ultimi 10 anni quando abitavo già in Toscana, ma l'autobus che prendevo per andare all'Università all'incrocio girava a destra e il castello era a sinistra.. e poi ancora un musulmano vestito di seta color rosa tea: un vecchio con il bastone. Era uscito dalla casa di fronte al castello, mi ha baciato la mano e ha chiesto “ça va?” Risposi: “Bien” (tutto mio francese) e chiesi di fotografarlo. Il musulmano fece finta di non capire, poi strofino il pollice contro altre dita – un gesto internazionale, uno dei pochi... Non ne ho, le foto del musulmano... Lasciando il borgo, ho rivisto il vecchio che camminava verso Poggibonsi. “Forse è il suo guadagno – farsi fotografare e i suoi vestiti belli di seta color rosa tea sono è la sua attrezzeria...” - pensai.
La mattina, dopo aver accompagnato i bambini alla fermata di scuolabus, corro per l'appartamento come una pazza, mettendo la roba di qua e di là...mettendo a posto, cioè. Poi ficco dentro lo zaino la macchina fotografica, il treppiedi, la guida, la mappa, qualcosa da mangiare, e altre cose che potrebbero servirmi: i sassi, le corde, i fiori secchi, una vecchia bambola, una grossa chiave arrugginita ... Anche quando sto andando in un posto preciso, “programmato” mi fermo spesso per strada, perché la Toscana è piena di meraviglie: un fagiano sul rotolo di fieno, la strada bagnata dalla pioggia, un raggio di sole che mette in risalto il campo verde...Mentre faccio le foto - smettono di esistere per me il tempo e lo spazio, il passato e il futuro (o, perlomeno, ogni pensiero a riguardo), persino io smetto di esistere in quel istante fra inquadrare e scattare. Tutto il mondo si concentra nell'oggetto della fotografia, anche se sia solo un girasole secco e mangiucchiato dagli uccellini.... Il tempo e lo spazio diminuiscono, conferendo all'oggetto una profondità incredibile... Poi alzo gli occhi all'orizzonte, guardo le colline e i cipressi e il mondo riguadagna le sue proporzioni, anzi, diventa enorme, sterminato... E a volte sono contenta persino del risultato!! Ma sono un pessimo fotografo perché non voglio pensare al diaframma ed esposizione, alla distanza focale e “quanta luce entra”, voglio invece ricordarmi questo momento, questo istante con tutta la forza dell'anima, con tutti i miei sensi, per poterlo non solo riprodurre, ma rivivere. Perché tutto intorno a me è VERO, è AUTENTICO: i girasoli, i panni fra gli ulivi, il vecchio muro con delle crepe...e le persone. La mia pronuncia e alcuni errori grammaticali mi tradiscono, l'accento toscano suscita la simpatia e la curiosità. Aggiungete la macchina fotografica e un bambino simpatico al fianco. A me, come ai toscani, piace chiacchierare. Le foto fanno solo una parte delle Storie che succedano a me tutti i giorni. Si inizia con: “Scusi, è una strada privata?” e si finisce sempre con gli abbracci e le risate.

.Mi piace anda' senza fretta lungo la via Casolani, la strada principale de' mio borgo, anda' a fa' le commissioni, fermarmi ogni po'ino a chiedere “come va?” a Giovanni, che esce dalla bibliote'a (una volta fermò la mi' macchina, la lasciai in discesa senza il freno a mano), o a Silvia, che pulisce i tavolini del bar (i nostri figli vanno nella stessa classe), mi piace scambia' due baci con Aurora, anche se ci siamo visti ieri, o due parole 'on le persone che 'onosco bene, un cenno di testa 'on quelli che 'onosco appena. Probabilmente, non conoscerò tutti i 3000 abitanti, ma è comprensibile: non sono nata qui. E sicuramente non ho fatto le scale 3000 volte (da quando ho i bambini, preferisco l'ascensore), ma non cerco più i segni, ammiro tutti i giorni le colline, ora verdi ora blu, famigliari, ma sempre sorprendenti. E persino la pizza 'omincia a venirmi bene.. (Comunque le panchine e gli alberi nel parco della mia infanzia non esistono più: gli hanno abbattuti per costruire il parcheggio... )








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